Auguri al Cocciuto, e a noi

Auguri al Cocciuto, che vorrà risorgere anche questa volta. Con quanta convinzione e quale impatto non è dato sapere, visti i precedenti ha tutta l’aria dell’ennesimo bel gesto, nobile quanto inutile. Prevedibilmente sarà un altro fallimento, la storia e i pronostici gli sono contro, ma non per questo rinuncerà a battersi. Questo anticonformista démodé ha una sua grandezza, lo straniero solitario emana un fascino misterioso, intrigante: dice e testimonia cose impensabili scomode rivoluzionarie, ed è capace di soffrire, bisogna ammetterlo, e paga di persona. E’ il suo tratto più umano, che ci muove a sentimenti di tenera compassione e simpatia: quanto ci piacciono e commuovono i perdenti generosi e impavidi.

Ma invece che star lì con l’aria di chi la sa lunga a commentare scuotendo la testa l’impari sfida con il mondo, il tradimento e l’immancabile sconfitta con annesso sacrificio, noi cosa aspettiamo? Noi, quando ci decideremo finalmente a risorgere? Lui è morto, noi ancora no, ancorché deboli impauriti confusi smarriti. Per lui, personaggio tragico, il destino è segnato sino alla fine dei tempi; per noi risorgere da vivi dovrebbe essere meno arduo, e l’esito non è scontato. Ci attende un lavorone, ma potremmo anche farcela, non è mica detto.

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