La Clerici in tivù: dagli ai vegani, viva la bistecchina

Antonella Clerici

Mai come in questi tempi grami il cibo ha avuto dai media tanto spazio e risonanza. In tivù poi va davvero alla grandissima, letteralmemte spopola, fa cultura e linguaggio e sapere condiviso. Non c’è palinsesto che non riservi ogni giorno alla cucina almeno un siparietto per piatti unici gustosi e nutrienti a riuscita certa e marito saziato, non c’è canale senza taglieri con le verdurine a mitraglia o fruste che mulinano uova o condimenti che sfrigolano gioiosi aspettando la fesa di tacchino. Più la crisi morde e più ci si rifugia nel tepore rassicurante di pentoloni da strega e pirofile dietetiche, forchettoni gocciolanti, tegami all teflon, acqua che bolle e presine colorate. Ci si lamenta della vita spignattando. Dalla tarda mattinata fino al pusacafè e alla nebbia digestiva postprandiale gli schermi rigurgitano consigli per insaporire un’esistenza che sa di merda. E’ la grande consolazione epatobiliare dei mali del mondo, il teatrino quotidiano di un Pantagruel in sedicesimo, gastronomia casereccia easy ma intelligente, contemperando con avvedutezza gusto e costi, tradizione e fantasia, quella che noi italiani ci ha sempre salvato.

E’ il vecchio giochino del panem et circenses, la millenaria infallibile ricetta conservatrice del rintanarsi nel privato, il tinello da dove si assiste all’imperdibile spettacolo della vita degli altri per sapere qualcosa della nostra, ecco già incombe il tigì, news à la carte, l’attualità i drammi le guerre i fatti di sangue, lo stesso sangue che nel nostro piatto si chiama sugo. Imbandito la domenica e i dì di festa sulla tovaglia che era di nonna, tessuto di una volta, non va mai alla fine, e vecchi bicchieri spessi così, ora è tutto plastica, si stava meglio quando si stava peggio. Stoviglie color nostalgia, verrebbe da dire bestemmiando Guccini.

E allora avanti, tutto uguale giorno dopo giorno, con la capacità maligna di imporsi che hanno le idee i gesti i pensieri per il solo fatto di essere ripetuti passivamente, in forza di quella continuità che consolida l’abitudine in succedaneo di sicurezza. Fin qui, nulla di nuovo. E’ la televisione, bellezza.

Ma poi, un giorno a pranzo…

Non vi fidate di quel che dicono i vegani, le proteine nobili sono e restano fondamentali, dunque insostituibili. E ciò è tanto più vero se riguarda i nostri figli, nel periodo dello sviluppo un’alimentazione ricca ed equilibrata è essenziale, perciò la carne è l’alimento più indicato per farli crescere belli sani e robusti: dategli la bistecchina, e trovate il modo più appetitoso per fargliela mangiare.

Il superfluo e dunque inatteso richiamo all’ortodossia della carne viene dalla carnalissima Antonella Clerici, icona cheap della tivù generalista, pupa dell’avanspettacolo meridiano dei mangiarini a singolar tenzone con uso di glamour di terz’ordine (sotto il grembiule niente sembra ammiccare con gli occhi mentre si china in avanti ad annusare le salse in lizza; se orribile o sontuosa fantasia, de gustibus), onnipresente bambolona gonfiabile in straripanti lamé officiante festival telethon varietà e baracconi assortiti prime time. Insomma, l’insostenibile leggerezza dell’essere tanta.

Almeno così la si conosceva sino a ieri. Ma il tempo passa, e la vita ti cambia. Il sogno erotico della pausa pranzo diventa madre, e l’ansia di far bene e soprattutto di non sbagliare induce a prendere di petto (è il caso di dirlo) la propria monumentale insipienza e riscattarla, informarsi conoscere approfondire, crescere ed educare son responsabilità, mio figlio deve avere il meglio, dunque studiamo leggiamo consultiamo gli esperti e alla fine andiamo sul sicuro: latte e proteine nobili, che altro?, ora che l’ho imparato e lo so lo dico in trasmissione a tutte le madri, mi raccomando.

Va bene ribadire il dogma della carne, perorare la causa già vinta della fettina, fin troppo ovvio. Ma perché dar contro ai vegani, minoranza risibile fra i mangianti e totalmente esclusa da ogni accesso televisivo? Che bisogno c’era di vilipendere in tivù (naturalmente senza contraddittorio) degli invisibili, degli autentici fantasmi? E’ il cuore di mamma, o i macellatori han messo mano alla sacchetta? Siamo vecchi di questi boschi: gli sponsor sono forse inquieti, hanno annusato qualcosa che non sia il solito odore di cadavere arrosto, le indagini di mercato non confermano le solite rassicuranti cifre? Non è che nel coro di voci rosse degli onnivori si cominci qua e là ad avvertire qualche dissonanza vegana? Non sarà che a poco a poco i vegani stiano diventando i convitati di pietra?

Ora che Sua Procacità è debordata in extra-size, ha aggiornato il personaggio e ritarato il target, ci vuole una dieta. Ha da essere efficace e rapida eppure non troppo drastica, lo schermo impone. Si scatena la chiacchiera, le chat turbinano, nel bailamme si coglie un pettegolezzo (solo una voce, beninteso) che giura su una detox… Ma perdìo, la detox è roba d’impronta vegana assai, niente proteine di origine animale, disintossica purifica e dimagra ma non più di una settimana, oltre si è a rischio depressione (sic!). No, non è possibile! Quella tirata della bistecchina voleva forse celare il vizio privato della veganità (parziale e temporanea, of course) dietro la pubblica virtù del conformismo onnivoro? O, viceversa, si ribadisce fedeltà integralista ai luoghi comuni alimentari del pubblico per nascondere meglio un radicale cambiamento di pensiero e di scelte? E come confessarlo senza buttare a mare in un solo istante di verità un personaggio che ci si è cuciti addosso in anni di lavoro e di onorata fiction? Già, perché qui è in ballo la carriera. Chi capirebbe?

Intendiamoci, son solo fantasie di un vegano disincantato e orgoglioso. E poi costei non la conosco, l’ho vista solo mille volte in tv, cioè mai. E ho girato subito. Io mangio bene.

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