Disgusting
Subissati dalla cosiddetta offerta mediatica (spesso mero pattume), navigare nel mare magnum dell’informazione giornalistica vuol dire sceverare qualche grano di verità dalla pletora di versioni convenienti, edulcorazioni, falsità, manipolazioni che gli opinion makers (quelli che io chiamo gli angeli dalla faccia tosta) ci ammanniscono ogni giorno senz’ombra di vergogna. Very disgusting! Cito tre esempi fra i millanta del 2013 appena trascorso, tratti da un talk televisivo, una pubblicità, un quotidiano di grande tiratura.
Febbraio, nella trasmissione Le invasioni barbariche de La7 l’ospite Mario Monti con sorpresa e imbarazzo si ritrova in braccio un piccolo maltese bianco sottratto al canile e donatogli dalla Bignardi senza neppure chiedergli se gradisse. Incredibile, no? Lui abbozza maldestramente, non regge la parte del tenerone confesso (addirittura a un certo punto dice di sentire il cuore dell’animaletto che batte!… Eh sì, anche i cani hanno un cuore), salvo poi, a elezioni perdute, criticare con sprezzo il tranello della conduttrice. Verrà fuori che Empy (contrazione di Empaty, uau!) non è un trovatello, è stato noleggiato come un oggetto di scena dalla Endemol società produttrice della trasmissione, e ha pure un altro nome. Gianluca Felicetti della Lav ne stigmatizza duramente l’utilizzo strumentale. Rimbalzi di notizie commenti smentite ovunque, finché tutto si consuma nell’usura del già detto e nella stanchezza. Banalmente, fu il tentativo da parte dello staff elettorale del presidente del Consiglio di umanizzare il personaggio, stemperandone l’altezzosità professorale; nella mia fantasia malata ho immaginato che, stando in grembo a cotanto uomo, il cane ne avesse a tiro gli attributi… politici e morali e accademici, beninteso. Amen. Pare che Empy, nobile cane gandhiano, sia salvo, ce l’hanno i nipoti (la Brambilla dixit).
Nel corso dell’anno scorre copiosamente in tv la pubblicità della Fondazione per l’Infanzia Ronald McDonald, associazione non profit fondata in Italia nel 1999 seguendo l’esempio degli altri paesi in cui McDonald’s è presente con le sue catene fast food e le fondazioni collegate. Il food McDonald’s non è solo fast, è soprattutto junk: ricco di grassi, zuccheri e sale, e di numerosi additivi chimici, carente invece di fibre e vitamine. Non serve a nutrirsi con poco prezzo e in modo conviviale e alternativo alla cucina casalinga, bensì a riempire lo stomaco specchiandosi nella rassicurante somiglianza con le stesse schifezze che mangiano gli altri. A una tale alimentazione si associano in misura considerevole rischi di malattie coronariche, cancro, diabete, riferibili tra l’altro al consumo spropositato di carne, 600.000 tonnellate all’anno solo per gli hamburger, 6 milioni di bovini ingrassati in modo intensivo con cereali quando non con farine animali, e poi la carne bianca per noi europei che siamo così educati e avvertiti su cosa è meglio, cioè altre decine di milioni di pennuti allevati e uccisi in batteria sotto implacabili luci artificiali, cifre da brivido. E allora penserò male, ma cosa c’è di più efficace che mettere insieme la pancia con la mozione degli affetti e l’arruolamento nella grande famiglia della solidarietà verso i meno fortunati? Ci sono i bambini che mangiano da McDonald’s, accompagnati da quei genitori che ci andarono allora e che ritrovano tutto uguale ma anche qualcosa in più, bambini malati e lungodegenti che non ci possono andare ma cui noi possiamo dare una mano; ci sono i bambini, sì, il veicolo pubblicitario infallibile da sempre. E poi la fondazione ha lo stesso nome: un apostrofo e una lettera in meno, ma che vuoi che sia, il nome è quello, non ci son trucchi subliminali, è tutto così evidente. Davvero non profit? Sì, sono malpensante, tant’è che (chi avrebbe immaginato tanta solerzia e correttezza?) la stessa McDonald’s tramite il sito web McResource Line aveva avvertito i dipendenti della sua catena: non mangiate fast food, fa male, non è salutare il consumo di cheesburger e fritti, eccesso di calorie e di grassi saturi, si rischia l’obesità. Ma il network Cnbc diffonde la notizia, e il quartier generale dell’azienda si vede costretto a reagire accusandolo di intenzionale travisamento del messaggio. Poi, democraticamente, il sito viene chiuso. Viva!
Dicembre scorso, Nutella sugli scudi: Il Sole 24 Ore, citando nientemeno che un report dell’Ocse, ne tesse le lodi come “esempio azzeccato di globalizzazione (golosa)”, “paradigma della catena di valore nell’agrifood”. E poi l’eccellenza italiana, e la solita ricetta segretissima (garanzia di tradizione e genuinità, tal quale l’antesignana Coca-Cola). Toh, leggendo l’articolo pare che gli ingredienti siano davvero di provenienza globale: neanche più le nocciole sono, non dico piemontesi, ma neppure italiane; in compenso l’olio di palma viene dalla Malesia, dove le piantagioni su larghissima scala stanno criminalmente spazzando via la foresta tropicale. Ma l’olio di palma fa bene o no? Intanto che gli esperti dibattono, prevalgono le logiche di mercato: di certo non sarà peggiore di altri grassi, non è vietato, perciò ne mettiamo a iosa, visto che costa pochissimo. Dunque avanti così, nell’elenco degli ingredienti campeggia (con il nome di olio vegetale) nelle prime posizioni: insieme allo zucchero costituisce quasi il settanta per cento del peso. Provare per credere: mettere un vasetto sigillato vicino a una fonte di calore e lasciarcelo per qualche ora, la crema si scinderà e l’olio affiorato alla superficie riempirà un bicchiere colmo. Però è così buona! Voilà.
Per chiudere, citazione da Noam Chomsky: “L’elemento primordiale del controllo sociale è la strategia della distrazione, che consiste nel deviare l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche, attraverso la tecnica del diluvio o inondazione di continue distrazioni e informazioni insignificanti”.