Nuova Associazione: OSA Oltre la Sperimentazione Animale

In Italia è nata OSA – Oltre la Sperimentazione Animale,  un’associazione col fine di spiegare alla collettività perché la sperimentazione animale sia un metodo obsoleto e in contrasto con il reale avanzare della ricerca.

Pubblichiamo per integrale il documento promosso dall’OSA che vuole spiegare le basi errate del protocollo sperimentale dell’Università di Modena, dove si compie ricerca di base sui macachi.

Arriva l’OSA che smonta i test su animali

Medici, veterinari, biologi, farmacisti, psicologi e altri laureati in discipline scientifiche uniscono le loro competenze, per offrire ai cittadini le informazioni cui hanno diritto, su argomenti riguardanti la loro salute e quella dei loro figli, e non solo il benessere animale.

Nasce così O.S.A. (Oltre la Sperimentazione Animale) – Scienziati in Prima Linea, con lo scopo di offrire alla ricerca scientifica modelli alternativi a quelli –mai validati e desueti–  portati avanti da chi ha avuto interesse a vedere nella sperimentazione animale l’unica verità scientifica.

Opporsi alla sperimentazione animale, infatti, non significa essere contrari alla scienza, ma criticarne un aspetto obsoleto, costoso e di scarsa o nulla utilità per le malattie che affliggono la nostra specie. Significa affermare che è tempo ormai di fare un passo Oltre, verso il futuro, che sarebbe già presente senza i ritardi accumulati a causa del persistere nella vecchia tradizione vivisettoria.

Significa sostenere la ricerca scientifica avanzata, svolta con metodi rigorosi, validati, progrediti e dare impulso allo sviluppo di alternative in grado di fornire quelle risposte che la sperimentazione animale non ha dato in più di un secolo e non sarà mai in grado di dare.

Significa affermare che i metodi sostitutivi devono essere il futuro – che fuori dall’Italia si stanno facendo presente– per la scoperta di nuove cure, perché dallo studio diretto dell’uomo e delle sue malattie si possono trarre informazioni davvero utili, e non fuorvianti come quelle derivanti dal restare anacronisticamente ancorati al modello animale.

Nel primo documento ispirato da O.S.A. e firmato da 73 professionisti con elevate competenze scientifiche nel settore, si contestano gli scopi, i metodi e i protocolli di un esperimento autorizzato sui macachi detenuti negli stabulari dell’Università di Modena. Attraverso un’attenta disamina scientifica, i 73 firmatari criticano il protocollo sperimentale sul piano anestesiologico, giuridico (si configurano gravi violazioni legislative!), e degli stessi risultati attesi.

Il piano anestesiologico, ad esempio, è impreciso e inadeguato rispetto all’impiego di interventi chirurgici e di studio che prevedono diversi livelli di invasività (dall’applicazione di un perno in acciaio sulla teca dell’animale mediante viti e cemento acrilico, e di spire in acciaio teflonato applicate sotto le congiuntive oculari, nonché di fili d’acciaio nei muscoli nucali, fino all’impianto di microtelecamere: nel primo anno, una impiantata a livello della corteccia prefrontale, un’altra, nel secondo anno, impiantata a livello cerebellare, cioè del cervelletto).

Inoltre, già da anni si stanno utilizzando metodi alternativi alla sperimentazione animale per studiare gli effetti sulla vista delle stimolazioni del cervelletto. Quindi è incomprensibile come a Modena si faccia ancora uso di macachi, quando ne sono note anche le profonde differenze con la specie umana: infatti la corteccia cerebrale umana ha una superficie 10 volte più estesa di quella delle scimmie; la % di corteccia deputata alla visione è sostanzialmente diversa (10% scimmia e 3% uomo); il numero di connessioni tra cellule del cervello varia da 7.000 a 10.000 nell’uomo e tra 2.000 e 6.000 nei macachi.

Scimmie catturate in natura, sottoposte a pratiche degne del medioevale Tribunale dell’Inquisizione, pratiche nelle quali a torture come la Vergine di Norimberga e la Ruota si è sostituita le “moderna” (più di 40 anni fa, ma poi “arricchita” di dettagli e “pregi” tecnologici) “sedia da primate”, come da protocollo per l’esperimento di Modena. Ma le “Primate Chairs” meritano da sole un articolo dedicato.

Quale verità scientifica si potrà dimostrare, dopo averla cercata su scimmie (o su chiunque) detenute per due anni in quelle sedie di contenzione, con tanto di chiodi, microcamere, perni conficcati in corpo (però d’acciaio e, mi raccomando, ricoperti di teflon), e –prima e durante l’esperimento– comportalmente condizionate a svolgere gli “scientifici compiti” per loro inventati dagli sperimentatori che ancora cincischiano su queste pratiche?

Chi non si interessa dei risvolti etici, dovrebbe però essere interessato alla attendibilità dei risultati davvero correlabili a esperimenti di questa tacca.

È un po’ come stuprare una donna o altra vittima e voler interpretare le sue reazioni, le sue urla, i suoi movimenti oculari, mettendoli in relazione all’accendersi e spegnersi del vicino semaforo anziché alla condizione in atto. Quel che dovrebbe saltare all’occhio di chiunque è una sbalorditiva confusione circa le variabili effettivamente sotto studio. L’intero impianto sperimentale (basterebbe già la sola contenzione, e anzi, la mera detenzione) è tale da inficiare qualunque risultato. In questi organismi estremamente sensibili  e dotati di mente, infatti, esso non può far altro che produrre un inevitabile stress, che in campo neurologico e psicologico mina dalle fondamenta gli scopi stessi di esperimenti pretestuosamente tesi a recepire nuove conoscenze (per di più in queste branche di studio vulnerabili anche alle minime variazioni neuromodulate).

I 73 scienziati firmatari, alla luce di argomentazioni scientifiche (per non dire di quelle giuridiche), richiedono  al Rettore dell’Università, al Ministero della Salute e agli amministratori di ritirare l’autorizzazione di una tale ricerca inutile e obsoleta, che provoca solo atroci sofferenze agli animali quando potrebbe essere sostituita da indagini radiologiche non invasive effettuate direttamente sull’uomo stesso, con risultati concreti e certi per la salute umana e non estrapolate da altre specie ben diverse dalla nostra.

Gli esempi di studi con metodi innovativi sono molti, in tutto il mondo, e gli investimenti su questi metodi di ricerca avanzata sono la sfida raccolta da altri paesi, con finanziamenti consistenti e collaborazioni internazionali. Quindi, è venuto il tempo di fare quel passo avanti che non è solo “Senza” ma è “Oltre” la sperimentazione animale, adeguandosi al cammino in corso nel ventunesimo secolo  qual è visibile in ogni altro settore della scienza, della vita ed economico. È tempo di sviluppare e usare metodi alternativi sostitutivi, che non siano invasivi, e si basino sullo studio specifico degli esseri umani.

Federica Nin

26 luglio 2014

Puoi scaricare il comunicato anche in formato .pdf

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